"Game Art Worlds: The Early Years" is an ongoing series curated by Mathias Jansson and Matteo Bittanti on the pioneers of Game Art. It features interviews with seminal artists that changed the landscapes of Game Art. Our goal is to illustrate the genesis and evolution of a phenomenon that changed the way game-based art is being created, experienced, and discussed today.
GameScenes: Puoi presentarti brevemente? Chi sei, cosa fai quali sono gli obiettivi della tua riflessione artistica?
Marco Cadioli: Come artista sto vivendo la nascita dei mondi virtuali dall’interno, attraverso un lavoro di fotografia. Stiamo costruendo un nuovo pezzo di mondo, il mondo virtuale, e io documento questo processo di nascita. Paradossalmente è unlapavoro che ha che fare con la realtà, quella che qualche milione di persone sta già vivendo. La fotografia si dimostra un mezzo assolutamente valido per raccontare cosa succede in rete, ferma attimi di quel flusso degli eventi inarrestabile che stiamo vivendo nei mondi virtuali, lo porta fuori e lo restituisce al mondo. Le foto di tre anni fa sembrano preistoriche, parlano già di una internet che non c’è più.
Mi occupo dell’evoluzione del “paesaggio” della rete dal 2003, con il progetto Internet Landscape, che mette assieme un mio approccio da ricercatore e docente a una forma artistica che mi sono inventato, quella della net photography.
GameScenes: Qual è il tuo rapporto con il medium videoludico? Giochi? come e quando?
Marco Cadioli: Non ho un passato da giocatore, sono entrato nei giochi online perché li ritengo fortissime sperimentazioni di spazi collaborativi dove iniziano le prime forme di rapporti sociali. Quello che trovavo interessante anche nei giochi di guerra era essere lì, nello stesso posto con altre persone contemporaneamente, rappresentati da un avatar e potersi incontrare. In realtà c’era una missione da compiere, ci si sparava, ma lo ritenevo secondario. Mi diverte l’idea che questi nuovi mondi con tutto quello che diventeranno, siano nati dal gioco. Il reportage che sto realizzando ora è invece in Second Life, ci passo un sacco di tempo ma non si tratta già più di un gioco.
GameScenes: Che differenza c’e’ tra Marco Cadioli e Marco Manray?
Marco Cadioli: Il nome scelto dalla Linden, Second Life, ha avuto molto successo e dà l’idea che ci si crei un doppio da se con una nuova e diversa vita. In realtà Second Life è un luogo nuovo piuttosto che una nuova vita, e sta a te decidere se lì sei te stesso o ricominci da capo. Nel mio caso c’è molta continuità tra Marco Cadioli e Marco Manray, l’uno come vedi si fa intervistare per l’altro. Considero Marco Manray me nel mondo virtuale, forse viviamo già il modello di una terza vita come sostieni tu. Poi c’è il problema di come ti rappresenti, di come costruisci il tuo avatar e in questo caso Marco Manray non mi assomiglia affatto, si prende delle libertà tutte sue, ma mi piace.
GameScenes: Perchè Second Life? Da dove deriva il fascino per i mondi virtuali?
Marco Cadioli: Sono entrato in Second Life all’inizio del 2005, c’erano circa 40.000 residenti. Da subito c’era l’impressione che si trattasse di una cosa grossa, in fermento, ogni giorno si assisteva alla nascita di idee che venivano immediatamente realizzate. A fine 2005 c’erano già 100.000 residenti, oggi quasi 800.000. Il fatto che Second Life sia completamente costruito dai suoi residenti lo rende affascinante e imprevedibile. Incontri veramente di tutto, dal campionato di boxe alle conferenze sui new media, dai locali di lap dance ai concerti dal vivo. Sto scattando foto inSecond Life perché lo considero un immenso laboratorio di qualcosa che verrà, di un nuovo modo di pensare e vivere in rete. I mondi virtuali mi affascinano perché reinventano le regole, sono mondi che partono da zero e possono autodefinirsi, sono una sfida. Assomigliano in parte al reale perché sono costruiti da noi, sul nostro immaginario, ma godono di libertà infinite che possono far esplodere la creatività, e le relazioni che avvengono tra gli avatar sono relazioni tra esseri umani, costruttive.
GameScenes: Che cos’e', esattamente, un reportage fotografico in Second Life?
Marco Cadioli: E’ raccontare attraverso le immagini una storia, solo che questa storia si svolge in un mondo virtuale. La forza del reportage fotografico sta nel fatto che quegli eventi escono da Second Life, li vedi su media tradizionali, stampati su una rivista o appesi in una galleria. Tornano ad appartenere al mondo e al tempo reale. I miei reportage raccontano di eventi che accadono, fatti di vita quotidiana, relazioni, paesaggi. A volte sono costruiti attorno ad un tema, come per i reportage che ho fatto sulla musica dal vivo, le gallerie d’arte, l’architettura che cercano di descrivere una scena nascente. Altre volte sono legati ad esperienze personali, avventure mie, oppure sono appunti presi al volo.
GameScenes: Qual e’ la percezione sociale del medium videoludico in Italia?
Marco Cadioli: Non saprei proprio.
GameScenes: Qual è stata la reazione del pubblico e della critica ai tuoi lavori videoludici?
Marco Cadioli: All’inizio c’è stata diffidenza nell’accettare l’idea di fotografia nei mondi virtuali, sembrava un’affermazione più concettuale che un vero modo di operare. Con il progetto ARENAE, in b/n sulle guerre on line, la forza della fotografia è emersa, tutti hanno sottolineato la vicinanza delle immagini scattate nei giochi alle reali fotografie di guerra. E’ stato accolto molto bene. Alcuni critici, soprattutto legati all’area della net art, sostengono il mio progetto e questo mi fa molto piacere ma sarebbe interessante confrontarsi anche in ambiti più ampi, svincolati da etichette di arte digitale. My First Second Life lo sto lanciando proprio in questi giorni.
GameScenes: Quali sono gli artisti (fotografi) contemporanei o del passato presente che ti affascinano maggiormente? Perchè?
Marco Cadioli: Ci sono alcuni fotografi che mi hanno molto ispirato, decisamente da prima di iniziare a fare photo nei mondi virtuali. Robert Frank di “The Americans” per primo, e August Sander, che in modi così diversi hanno rappresentato persone del loro tempo. Ho citato Robert Capa nelle foto di guerra, come mito, rifacendo lo sbarco in Normandia dal suo stesso punto di vista in un gioco ambientato nella Seconda Guerra mondiale. Mi piacciono le sequenze raccontate da Duane Michals e i forti tagli nelle inquadrature di Rodchenko. Mi piacciono i ritratti di fabbriche di Gabriele Basilico e Thomas Ruff che non ha paura dei pixel.
GameScenes: Descrivimi brevemente le tue esperienze piu’ curiose in Second Life.
Marco Cadioli: In giugno sono stato chiamato da una giornalista del quotidiano francese Liberation che doveva realizzare un dossier su Second Life e mi chiedeva di essere il suo photo reporter. Abbiamo passato una notte in Second Life, seguendo una sua scaletta di interviste, con un divertente gruppo di amici, discografici, artisti, organizzatori di matrimoni, fashion designer. Un vero reportage scritto a Parigi con il fotografo a Milano, intervistando gente di New York e Los Angeles tutti seduti sullo stesso divano in una casa discografica di Second Life, e poi pubblicato su carta. E’ stato spiazzante anche quando mi hanno portato in barca a vela per la prima volta, non volevo credere che eravamo mossi dal vento. E anche quando mi hanno sparato a migliaia di metri di altezza in un esperimento di programmazione e il mio avatar ha cominciato a dissolversi, ero bidimensionale e non riuscivo a tornare a terra. Tengo un diario con tutte le mie avventure, su Res Cogitans, una rivista di filosofia. Lì puoi trovarne molte altre.
GameScenes: Che tecniche usi per scattare fotografie all’interno di Second Life?
Marco Cadioli: Utilizzo il sistema di controllo della camera messo a disposizione da Second Life. E’ un sistema abbastanza sofisticato, posso controllare benissimo l’inquadratura, sia in soggettiva che muovendo la macchina nello spazio liberamente. Si fanno foto da angolature molto particolari – puoi volare e posso inquadrare me stesso nella scena. Ho il controllo sulla focale utilizzata da un grandangolare estremo a un forte tele. E’ possibile costruirsi delle luci da posizionare nella scena come in studio, ma io preferisco scattare in luce naturale, con la macchina “in mano” direi, senza cavalletto e pose.
GameScenes: Guardandoti alle spalle, cosa hai imparato dal progetto Internet Landscape? Credi che sia venuto il momento di aggiornare il tuo manifesto, a tre anni dalla sua pubblicazione?
Marco Cadioli: Sono cambiate veramente molte cose in questi tre anni in rete, l’ambiente nel quale creo, e alcune delle affermazioni teoriche che facevo si sono concretizzate. Oggi è più ovvio dire che la rete è un luogo, e il paesaggio a cui guardo non sono i web site che fotografavo nel 2003-2004. Ma questa veloce trasformazione conferma l’idea che quelle foto sono già una memoria di come era la rete. Il manifesto l’ho scritto mentre stavo definendo il concetto di net photography e lo mettevo a verifica con i testi di riferimento di Roland Barthes, Susan Sontag, Lev Manovich, quasi per trovare una legittimazione. Conteneva affermazioni programmatiche che poi si sono realizzate, quelle idee adesso sono una realtà che vedi nelle mie opere, in ARENAE, in My First Second Life, e c’è molto meno bisogno di spiegare di cosa si tratta con un manifesto. Resta però valido l’intento di fondo del mio lavoro artistico, quello di essere testimone della nascita di un nuovo mondo e di farlo attraverso la fotografia. Penso che prima o poi arriverà una versione 2.0 ma per ora sono affezionato a questa.
GameScenes: Qual e’ il ruolo della fotografia nei mondi videoludici?
Marco Cadioli: Ci sono molti blog di esperienze di giocatori dove assieme al testo vengono presentate normalmente fotografie, come commento, come illustrazione di ciò che è accaduto. La fotografia è accettata di fatto. In Flickr ci sono intere raccolte di immagini che raccontano eventi accaduti in Second Life e c’è anche un crescente uso commerciale della fotografia, ci sono studi fotografici veri e propri che offrono servizi interni, dallo still life a foto di matrimoni. Il ruolo della net photography nei mondi virtuali è il ruolo della fotografia nel mondo reale.
GameScenes: A cosa stai lavorando ultimamente?
Marco Cadioli: Ho appena messo on line My First Second Life che raccoglie le opere dell’ultimo anno di lavoro in Second Life. E’ il racconto in diretta della mia prima seconda vita come net reporter. In My First Second Life raccolgo gli articoli che ho scritto, i reportage commissionati, i miei appunti e foto dal primo giorno in cui sono entrato in Second Life. Presento diversi reportage, sull’architettura sperimentale, sull’apertura in Second Life del primo negozio di un marchio di abbigliamento reale, sull’impegno politico di Camp Darfur, accanto a mini storie personali come“Dancing in a Watermelon”. Cerco di capire che immagine di avatar ti viene proposta in “Who do you wanna be”, una serie di photo sui negozi di corpi, di skins, di capelli, e ritraggo le ballerine di lap dance del Barbie Club. L’ultima opera “Second Lifers” ritrae gli avatar che stanno costruendo Second Life: artisti, musicisti, filosofi, fashion designer, business man, gente comune. L’ho appena pubblicata su “Ecrans” e la presento in una conferenza in Second Life in questi giorni.
“I am wondering if my First Second Life is becoming my second real life”
Link: Marco Cadioli
Link: Kuurian Expeditions
Link: My First Second Life
testo: Matteo Bittanti
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